Sdraiata sul palco
luce soffusa
il mio compito è
svegliarmi
con una musica sottile
Emergere da un sonno
embrionale
per sentirmi attratta
da uno stimolo
fortissimo
Sollevarmi
lentamente
fino ad arrivare
silenziosa
in punta di piedi
cercarediraggiungerelostimolo
Con tutte le mie forze
proiettare
le mie braccia
al cielo
senza mai raggiungerlo
Ma d’un tratto
(a un cenno del regista)
lasciarmi cadere
di schianto
sul pavimento di legno
Sfracellarmi al suolo
senza opporre resistenza
e una volta caduta
sciogliermi
nell’oblio del pavimento
masubitodopoguardaresud’istintosentirel’urgenza
Di rialzarmi
a rallentatore
attratta
dal neon
della tentazione
Alzarsi e ricadere
alzarsi e ricadere
lasciarsi crollare
nel vuoto
una cinque dieci volte in un minuto
Oh che gioia
nel sentire
il suono
della consapevezza
del prossimo schianto
E dopo 50 schianti
purissimi
le mie cosce
iniziano
a tremare
ilregistadice:avvicinatialtuoalteregodell’inferno!
Il mio alter ego
dell’inferno
è la seconda attrice
segue una coreografia parallela
nel buio più nero
L’attrice è una vecchietta
dai capelli
bianchissimi
mi avvicino tremando
al suo corpo immobile
Mi lascio tentare
dalle sue manette
invisibili
la tensione mi scortica
lo sguardo
Non la vedo – ma lo so
ci dev’esser l’altra dietro
è la terza, l’alter ego del paradiso
se voglio posso finire la scena
tra le sue spalle ben illuminate
Sta a me scegliere
se cadere o rialzarmi
per il climax finale
sono in un limbo e la musica sta per finire
neanche i muscoli sanno cosa fare…
La forza di gravità
li risucchia
verso l’inferno
vecchio
e bianco
Ma all’ultimo momento
una lacrima
di energia
mi riporta
alla luce
Esausta
radiosa
piango immobile
mentre il pubblico
applaude.